Ieri è finita la mia esperienza a scuola: il mio incarico di supplente temporanea è terminato e ora si aspetta un'altra convocazione. E, a onor del vero, devo ammettere che per la prima volta ho potuto provare veramente cosa significa essere professore nella scuola italiana. Sì perché, nonostante abbia insegnato per alcuni anni, questa in realtà è stata la prima volta che sono entrata in delle classi di una scuola statale ed è stata veramente la prima volta in cui ho potuto sperimentare cosa significhi insegnare.
E devo ammettere che sono soddisfatta. Per la prima volta mi sono trovata di fronte a ragazzi normali, che vanno a scuola con zaini vissuti e non con borse griffate all'ultima moda; ragazzi che, pur avendo smartphone e auricolari quasi sempre tra le mani, hanno mostrato curiosità e interesse per quello che fanno; ragazzi che all'uscita di scuola si incamminano vocianti a piedi verso le loro case e non si infilano in inutili "macchinette" pompate con stereo a tutto volume. Ho visto anche tanti professori entusiasti e propositivi (anche se un po' troppo "vecchi") che nonostante la burocrazia sovrastante si impegnano ogni giorno per far crescere i loro alunni e cercano, in mezzo a mille scartoffie da riempire e centomila riunioni per prendere decisioni richieste dall'alto, con costanza di portare a termine i loro progetti. Tutto questo in aule piccole e fredde, senza riscaldamento perché tanto da noi mica c'è freddo come al nord, piene zeppe di ragazzi, in una scuola il cui edificio praticamente cade a pezzi, in cui non ci sono più le aule da disegno per far posto alle numerose classi, in cui le serrande non funzionano e restano chiuse, in classi in cui trovi banchi e sedie variegati, ognuno con un'altezza e una dimensione diversa.
E' divertente però: credi di fare il professore ma in realtà fai il missionario della cultura. In una scuola che è lo specchio dell'Italia in cui viviamo. Là dove dovrebbero investire soldi e risorse per formare i giovani, ci si incontra sconsolati, professori e alunni, si prende atto dello stato di cose e si va avanti. Perché in fondo per studiare bastano carta e penna. E un buon professore con cui dialogare. E questo io ho visto. E sono soddisfatta!